Settembre è il Mese Mondiale dell’Alzheimer.
Parliamone senza ansie o pregiudizi e impariamo a conoscere insieme cos’è la demenza attraverso gli articoli della neuropsicologa Rosanna Palmeri.
E se fosse demenza?
Demenza è un termine ombrello che racchiude un insieme di sintomi alla cui base si osserva un’alterazione del funzionamento cerebrale. Pur essendo un termine ampiamente utilizzato nella pratica comune, sarebbe più appropriato parlare di Demenze o, meglio ancora, di “Disturbo Neurocognitivo”, in linea con quanto dichiarato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5 ), che nella sua quinta edizione ha introdotto tale definizione, distinguendo tra lieve o maggiore a seconda delle abilità preservate.
Questa nuova terminologia permette di porre l’accento più sul declino rispetto a un precedente livello di prestazione, sottolineando la natura acquisita dei sintomi, nonché di distaccarsi dall’idea che si tratti di un disturbo a carico della sola memoria. Infatti, nonostante l’impoverimento della capacità mnesica sia il sintomo più noto, le funzioni cognitive colpite sono diverse; pertanto, i sintomi di esordio possono variare anche in relazione al tipo di disturbo neurocognitivo.
Ma come fare a capire se si tratta davvero di disturbo neurocognitivo?
Molte persone accusano una perdita di memoria, commettono errori, non trovano le parole giuste, perdono le chiavi di casa e temono di avere una demenza. Non è detto che sia così: le ragioni possono essere molteplici e un solo sintomo non è sufficiente a porre diagnosi; tuttavia, se si ha la sensazione di avere delle alterazioni delle funzioni cognitive tali da interferire con la quotidianità, è sempre bene parlarne con il Medico di Medicina Generale e richiedere un’impegnativa per effettuare una visita di approfondimento presso il Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze di riferimento: qui dei professionisti specializzati prenderanno in carico la persona e faranno tutte le valutazioni del caso.
Sfortunatamente, non esistono terapie definitive e dalla demenza non si guarisce, ma questo non significa che non ci sia niente da fare: sono disponibili numerosi interventi, farmacologici e psicosociali efficaci nel ritardare la progressione della malattia. Per questo, una diagnosi tempestiva diventa fondamentale e non bisogna avere timore di manifestare i propri dubbi e richiedere degli approfondimenti.
Talvolta, però, accade anche che la persona si rechi a fare degli approfondimenti e questi non rilevino nulla di anomalo, nonostante, ci sia la sensazione di avere “qualcosa che non va” e di non essere quello/a di prima. In questi casi si parla di “disturbo soggettivo di memoria”: questa condizione può essere preoccupante e stressante e può valere la pena mettere in atto una serie di strategie per promuovere il benessere e affrontare al meglio la situazione.
1. Valutazione medica e/o psicologica
Se anche i test neuropsicologici non rilevano niente di clinicamente significativo (ricordiamo che i test sono tarati per età e scolarità, il che significa che un punteggio “nella norma” corrisponde al punteggio atteso per una persona di quell’età e con quel grado di istruzione), valuta con il tuo medico di medicina generale se possono esserci altre spiegazioni organiche o psicogene che possano spiegare i sintomi (a volte, un disturbo emotivo – ansia o depressione – può essere tale da comportare difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria e inficiare la prestazione cognitiva, anche in persone molto giovani!)
2. Adottare uno stile di vita sano
E’ un vecchio dogma che tutti gli specialisti non si stancano mai di ribadire, ma che effettivamente, rappresenta una delle armi migliori che abbiamo per azzerare i cosiddetti fattori di rischio modificabili. Quindi è importante:
– seguire un’alimentazione equilibrata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, proteine magre e grassi sani Alcuni studi suggeriscono che la dieta mediterranea può avere benefici per la memoria (per un approfondimento su questo tema guarda l’intervista alla dottoressa X in occasione della settimana del cervello)
– praticare attività fisica regolarmente (migliora la circolazione sanguigna al cervello e può aiutare a mantenere le funzioni cognitive).
– dormire a sufficienza e avere un sonno di buona qualità, poiché il sonno è cruciale per la memoria e il consolidamento delle informazioni.
3. Mantenere la mente attiva e vitale
Uscire dalla routine, imparare cose nuove, essere curiosi e preservare le relazioni sociali, sono aspetti fondamentali per migliorare o preservare le funzioni cognitive; impegnarsi in attività cognitive stimola il cervello a creare nuovi legami e sentirsi vivi e vitali. E se la memoria comincia a scarseggiare, puoi sempre imparare ad utilizzare le memotecniche o metodi compensativi come agende, sveglie, smartwatch…
4. Gestire lo Stress
E’ vero, non facciamo altro che parlare di stress, pare proprio sia il male del secolo; tuttavia, è davvero corresponsabile di molte difficoltà a carico della mente. Impara a contrastarlo praticando tecniche di rilassamento come la meditazione, lo yoga o la respirazione profonda, in questo modo sarà possibile apprendere quanto sia importante essere nel presente, godendo e assaporando appieno delle cose che ci circondano, anche piccole, scoprirai che così facendo, anche il ricordo sarà più solido.
5. Monitorare
Anche se al momento le difficoltà che senti di avere non sono significative, è importante monitorare regolarmente la tua memoria e riportare eventuali cambiamenti al tuo medico. Puoi anche tenere un diario per registrare le difficoltà di memoria e le circostanze in cui si verificano, il che può aiutare il medico a comprendere meglio la tua situazione.
[1] Fonti: American Psychiatric Association, D. S. M. T. F., & American Psychiatric Association, D. S. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders: DSM-5 (Vol. 5, No. 5). Washington, DC: American psychiatric association.
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